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  • Battisti e la poesia dell’imperfezione

    A dieci anni dalla sua scomparsa, il più amato cantautore italiano fa ancora riflettere.

    Pochi sanno che in realtà Lucio Battisti era stonato. Non solo, il problema era che Battisti proprio non sapeva cantare! non aveva tecnica era nasale e sforzava di gola… ma le sue canzoni, le sue opere d’arte, varrebbero almeno la metà se non fossero state cantate da quella voce vibrante ed inimitabile.

    Mi rendo conto che “suona strano” sentir dire che Battisti non sa cantare. Sarebbe come dire che i Pink Floyd non conoscono la musica… e magari indagando, scopriremmo che i Pink Floyd non sapevano leggere nemmeno uno spartito (salvo il tastierista Wright).

    Ma in molti ricordano quel ricciolino sulle scale della chiesa di Poggio Bustone passare pomeriggi interi a strimpellare la sua chitarra, così come quei quattro collegiali londinesi che approfittavano di ricreazioni e cambi d’ora per provare una canzone o sintetizzare un suono.

    Ho sempre sostenuto che “l’arte è dentro ognuno di noi” che è solo un caso, un caso fortuito non essere stati educati all’arte o non aver avuto modo di tirar fuori la nostra sensibilità per mezzo delle tecniche artistiche, imparate, indotte o inventate per comunicare agli altri se stessi.

    E’ un discorso che potremmo applicare anche al sapere, dove infondo non contano le capacità individuali quanto la passione e la fantasia che sono la base di ogni successo o insuccesso della nostra vita.

    La grandezza di persone come Battisti, le sue canzoni nel contempo semplici e forti, ci fanno capire che la tecnica e tutto quanto puoi imparare da questo mondo stereotipato e disciplinato è niente in confronto alla spontaneità delle emozioni ed alla potenza delle passioni.

    E’ come amare. La dimostrazione che siamo tutti dei grandi artisti è l’amore, che fa sorprendere le persone più rozze poeti inaspettati e capaci di sconvolgente romanticismo. Così un contadino potrà non comprendere fino in fondo i significati di un Guernica ma sentire dentro il dolore e la tristezza di ciò che rappresenta… è poi una questione da bacchettoni ed una convinzione di sterili intellettuali che l’arte vada compresa e capita anziché interpretata ed intuita.

    Così può bastare un giro di DO, il più banale il più cretino da suonare, che è forse la più bella canzone italiana mai scritta, per insegnarci come vivere l’arte della nostra esistenza: sentirsi come il proprio “canto libero”.

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