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  • Memorie di Oporto: dove PIL e felicità sono solo parenti lontani.

    Naturalmente non ero mai stato in Portogallo prima d’ora. Probabilmente non ci sarei mai andato se non fosse stato per questo colorito workshop settembrino nella città di Porto.

    Il Portogallo non lo sentiamo quasi mai nominare, se non quando si parla di “fanalini di coda” dell’Europa, di Italia ultima (quasi) dappertutto, quando non penultima seguita dal Portogallo.

    Mi ha sorpreso come il paese con il più basso PIL dell’unione europea abbia, in una città relativamente grande
    come Porto, servizi ed infrastrutture pubbliche che farebbero invidia a molte delle nostre Rome, Firenze
    Bari e Genove.

    FOTO: ReibeiraAtlantico –  Assado –  Vino

    Non un mozzicone di sigaretta, nessuna scritta su muri autobus e tram, nessun barbone nessuna mignotta ma decine
    di guardie giurate e sistemi di sicurezza all’avanguardia in ogni angolo della città. Stadi e strade tirate a lustro, centri commerciali e ponti in costruzione così come mille altre infrastrutture pubbliche e private realizzate con gusto artistico e sapienza urbanistica.

    Una città che non ti aspetteresti nella penisola iberica un po’ zingara un pò latina un po’ italiana… appunto.

    Le contraddizioni di questo paese lo rendono ancor più bello, per certi versi romantico. Nonostante uno stato sociale
    così avanzato, è palpabile una semplicità di fondo, un fregarsene delle evoluzioni del mondo e tenersi strette le cose che
    già funzionano e la genuina spontaneità delle tradizioni. Così affianco al centro commerciale capita di trovare
    l’osteria d’assado in cui l’ispettore sanitario svenirebbe ancor prima di aprire la porta; con i pavimenti celestino bisazza
    anni 70 dalle fughe incrostate di salsa e residui di porc e chissà quali altre pietanze, affianco al ponte Ribeira d’acciaio
    imperiale case diroccate e panni stesi tra baracche variopinte, curate da stanchi pensionati fino a renderle piccole reggie.

    Forse l’a noi sconosciuto Portogallo è come l’Italia che tutti vorremmo. Un paese moderno, dove la qualità della
    vita sia supportata da innovazione, comodità e servizi ma che nello stesso tempo non abbia perso quel malinconico
    piacere di vivere felice, mangiare, sorridere senza attendere ansiosi il crescere del PIL.

    E’ come un piccolo passo deforme nel nostro passato. Un passato che per noi purtroppo non tornerà mai più ancora.

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